Abolizione della tassa sugli ancoraggi nelle aree marine protette

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Mercoledì 4 dicembre, la Commissione di Legge ha abolito la tassa di ormeggio delle aree marine protette imposta alle imbarcazioni da diporto, che è stata adottata dal Senato il 20 gennaio. L'autore dell'emendamento che sopprime l'imposta è Didier Quentin, deputato UMP della Charente-Maritime.

Questa legge è stata introdotta in prima lettura del disegno di legge sulla Nuova Organizzazione Territoriale della Repubblica (NOTRe) ed è stata una risposta ai costi aggiuntivi generati dall'attività diportistica per la protezione e la manutenzione delle aree marine protette, che non erano coperte. La Corsica era particolarmente interessata a questa tassa perché era stata introdotta in Sicilia, quindi le barche venivano ad ancorare in Francia gratuitamente. ( Leggi l'articolo )

Una tassa dannosa per i diportisti

Questa tassa era stata percepita molto male nel mondo della nautica e i vari attori si erano mobilitati per abrogarla. La Fédération des Industries Nautiques ha spiegato in un comunicato stampa che i diportisti pagheranno "fino a 100 euro al giorno per una barca a motore di 5 metri e 300 euro per una barca a vela di 15 metri". Questa nuova tassa è tale che nessun diportista si assumerà il rischio fiscale di gettare l'ancora in queste zone

Dato che le aree marine sono le principali zone di ancoraggio della costa francese, questa misura interesserà "512.000 diportisti francesi, il 90% dei quali possiede un'imbarcazione di meno di 8 metri"

Una tassa dannosa per l'occupazione

Oltre ai diportisti, anche l'occupazione sarebbe stata colpita dall'introduzione di questa tassa. "Con 10 posti di lavoro indiretti per 1 posto di lavoro diretto, cioè più di 400.000 posti di lavoro, la nautica da diporto rappresenta un peso economico considerevole per tutte le comunità costiere. Scoraggiando fiscalmente i diportisti francesi dall'esercitare le loro attività di svago e allontanando i diportisti stranieri dalle coste francesi, la misura prevista avrà un forte impatto sull'industria alberghiera tradizionale e all'aria aperta, sui ristoranti, sui negozi e sui servizi. Per gli enti locali, la perdita di reddito sarebbe sproporzionata rispetto alle ipotetiche entrate fiscali previste", spiega la FIN.

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