Ristrutturazione del Tina n. 1: studio di un progetto d'avanguardia che è diventato un punto di riferimento in mare aperto

TINA mentre vince la One Ton Cup del 1966, a Copenaghen, Danimarca.

Progettato per soddisfare i requisiti della One Ton Cup del 1966, il Tina di Dick Carter ha segnato una tappa importante nell'evoluzione delle barche da regata oceanica. Il restauro del Tina originale, successivamente prodotto in serie, ci permette di riscoprire un progetto innovativo e in controtendenza rispetto alle convenzioni dell'epoca, ancora oggi istruttivo per gli appassionati di architettura navale.

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Tina, il secondo yacht radicale di Dick Carter e vincitore della seconda One Ton Cup nel 1966, è pronto per il restauro. Questo iconico progetto dello IOR è diventato disponibile dopo la morte dell'irlandese Garrard Maguire, nato nel Donegal. Quest'ultimo l'aveva acquistata su eBay da un proprietario americano e l'aveva spedita attraverso l'Atlantico con l'intenzione di riportarla al suo antico splendore. Dick, informato della situazione, si affrettò a salvare lo scafo dalle grinfie del rottamatore, organizzando il trasferimento dello scafo in acciaio, costruito da Frans Mass, in un deposito a secco a IJmuiden, vicino ad Amsterdam.

Architettura navale empirica

La One Ton Cup segnò l'inizio di una nuova era nella progettazione degli yacht. Fino a quel momento, gli yacht da regata oceanica erano tutti dotati di chiglie lunghe e piene, e nessuno sapeva quale fosse l'equilibrio ottimale tra lunghezza, dislocamento e superficie velica per una misura fissa di 22 piedi stabilita per la One Ton Cup. L'evento del 1966 a Copenaghen rappresentò un salto di qualità nella progettazione e nella competizione. Le regate da barca a barca avevano dato nuova linfa al mondo della progettazione, tanto che i progettisti di yacht ora gareggiavano direttamente tra loro per le nuove costruzioni, trasformando l'evento in una vera e propria competizione di yacht design.

Plans extrait de Bateaux Février 1967
Piani tratti da Bateaux febbraio 1967

Tina, vincitrice alla sua prima uscita

Tina fu commissionata da Ed Stettinius, allora direttore della US Shipping Lines e figlio del Segretario di Stato sotto il Presidente Roosevelt. Fu il secondo progetto di Dick Carter, dopo Rabbit, vincitore della Fastnet Race nel 1965. Come Rabbit, fu costruita in acciaio presso il cantiere Frans Maas in Olanda, con una pinna separata e un timone sospeso alla tavola centrale. Guidata da Dick, Tina vinse la serie a mani basse, grazie sia al suo design innovativo che al suo equipaggio. Il suo maggiore dislocamento a poppa le permetteva di tagliare il mare meglio degli yacht contemporanei, che tendevano a galleggiare. La sua poppa più larga la rendeva anche veloce sottovento.

L'équipage gagnant de TINA avec le ballon de plage récupéré. Assis dans le cockpit, de gauche à droite : Sandy Weld, Ed Stettinius, Dick Carter. Rangée arrière : Don Pye, John Carter, Sammy Sampson.
L'equipaggio del TINA vincitore con il pallone da spiaggia recuperato. Seduti nel pozzetto, da sinistra a destra: Sandy Weld, Ed Stettinius, Dick Carter. Nella fila posteriore: Don Pye, John Carter, Sammy Sampson.

Dick Carter è ancora innamorato di questo piano innovativo

Dick Carter ricorda: " Mentre scrivevo il mio libro 'Dick Carter - Yacht Designer', ero ossessionato dalla descrizione di Tina e del suo 'eccezionale movimento' tra le onde, come descritto dai giornalisti francesi dell'epoca. Cercai di spiegare e alla fine capii che aumentando il dislocamento di poppa, mentre la prua si sollevava per attraversare le onde, questo dislocamento extra le impediva di superare l'onda, rallentando la sua progressione"

"L'altra grande rivelazione che ho avuto solo pochi mesi fa è che aumentando il dislocamento di poppa, allungavo la curva di dislocamento. Questo significava che la barca avrebbe navigato più velocemente sul baglio. Sapevo tutto questo dalle regate della One Ton Cup in Danimarca, ma solo ora posso spiegare perché Tina era così veloce. "

Architettura: la scelta audace della larghezza e delle sezioni dei bicchieri da vino

Il profilo di Tina si basa su uno scafo largo con sezioni ispirate al 5.50 JI. Questa scelta favorisce la stabilità di forma e il comportamento fluido in mare aperto. La prua sottile, combinata con una poppa molto piena, crea un alto coefficiente prismatico e un centro di gravità basso. Questo design contribuisce a un efficace smorzamento delle onde, un fattore chiave nelle regate oceaniche di lunga distanza.

Prestazioni di bolina: pescaggio e flap del bordo d'uscita

Per migliorare le prestazioni di bolina, Carter ha aumentato il pescaggio al massimo consentito e ha modificato l'alettone con un flap regolabile dal pozzetto. L'obiettivo è ottimizzare la portanza senza indurre una resistenza eccessiva. Questa innovazione impone una modalità di governo impegnativa, con un timone separato progettato per rimanere perfettamente in asse, a vantaggio della resistenza del timoniere.

Piano d'ala: priorità alla riduzione dello sforzo

Con una randa corta e un triangolo di prua molto sviluppato, Dick Carter optò per una distribuzione delle vele insolita per l'epoca (in seguito ampiamente copiata). Questa configurazione, abbinata a un albero alleggerito e rinforzato progettato da John Powell (Sparlight), ottimizzava l'efficienza aerodinamica e facilitava le manovre.

Materiali e calibri: l'acciaio come asset strategico

Contrariamente ad alcuni critici, l'acciaio non conferisce un vantaggio eccessivo con il calibro RORC. Il vantaggio deriva dal calcolo del bonus di costruzione legato alla massa, e non dal materiale in sé. Tina ha un rapporto zavorra-spostamento del 34%, ben al di sotto degli standard dell'epoca. L'idea di Dick Carter era di concentrarsi sulla rigidità della forma piuttosto che sulla massa del piombo, con risultati convincenti.

Conclusione

La ristrutturazione di Tina, il primo progetto di Carter a vincere (con successo) la One Ton Cup, ci ricorda quanto la ricerca della velocità pura, unita a un approccio razionale all'architettura, possa ancora alimentare il pensiero dei velisti e degli architetti di oggi. Rivisitando queste scelte progettuali, il restauro di questi yacht potrebbe ispirare una nuova generazione di imbarcazioni da crociera ad alte prestazioni, adatte a lunghi viaggi oceanici.

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