Canale di Suez e Mar Rosso: una traversata tra due mondi nel cuore delle rotte marittime

Partite per un viaggio affascinante da Tel Aviv nel Mediterraneo e attraversate il Canale di Suez fino al Mar Rosso. Navigando sotto le stelle, incontrando persone e vivendo l'emozione dei giganti dei mari, questa traversata è un'immersione nell'inaspettato e nell'immenso.

Il 21 ottobre 2008, nel primo pomeriggio, abbiamo lasciato Tel Aviv con il cuore pesante. Eravamo tentati di tornare indietro e di esplorare questa affascinante regione ancora più a lungo. Ma dobbiamo andare avanti. Ci sono tanti altri luoghi che ci aspettano per affascinarci. Ci siamo diretti a sud-sud-ovest verso Port Said, la porta del Canale di Suez, a un giorno di navigazione su Annka, un Garcia 62 CC.

Aumento della sorveglianza

Quando vado di guardia alle tre del mattino, la notte è profonda. Il mare scintilla sotto le luci di navigazione di navi da carico, petroliere e portacontainer in transito tra l'Asia e l'Europa. Sullo schermo radar, una quindicina di sagome si muovono in un raggio di sei miglia. Tra due ore sarà giorno. Fino ad allora, vigilanza assoluta: radar, binocoli, sorveglianza costante.

Incredibile Port-Saïd

Al sorgere dell'alba, il canale prese forma. I piloti apparvero, sfiorando il nostro scafo, chiedendo baksheesh e sigarette, mentre indicavano vagamente la strada da seguire. Poi si presentò l'ingresso del Canale di Suez. Una struttura monumentale. La traccia indelebile di un'epoca folle, in cui l'industria nascente spingeva l'uomo verso vette vertiginose di ambizione. Il vapore, la passione e l'onore aprirono una rotta tra Oriente e Africa, riducendo le distanze del mondo.

Trascorriamo la notte attraccati a Port Said, all'ombra di una moschea, cullati dagli ammalianti richiami alla preghiera. Intorno a noi, i colossi continuano la loro processione, sullo sfondo della luce dorata e del ronzio incessante della città.

Imbarco obbligatorio dei piloti

Alla fine della mattinata, dopo aver sbrigato le formalità amministrative, accogliamo a bordo un pilota dell'Autorità del Canale di Suez. Ci accompagnerà a Ismailia, il nostro scalo notturno. A bordo, l'eccitazione è al massimo. Intorno a noi, il deserto. Davanti e dietro di noi, miliardi di tonnellate di merci che alimentano l'economia globale. Sulle rive, minuscole imbarcazioni con vele ricoperte di plastica, testimoni di un'altra realtà.

Da un lato, l'Arabia Saudita, l'Oriente. Dall'altra, l'Egitto, l'Africa. E il caldo è opprimente.

Dopo una giornata di navigazione, quando il sole comincia a calare, il cielo limpido diventa arancione. Arriviamo al lago centrale. Questa è Ismailia, una città egiziana al centro del Canale di Suez. Siamo molto, molto lontani da casa. La gente del posto, curiosa e divertita nel vedere gli occidentali, ci fa domande sul nostro viaggio e si entusiasma quando parla di Zidane e della nostra squadra di calcio. Nel giro di poche ore siamo stati accolti da sorrisi e sguardi sinceri, momenti che ci rimarranno impressi per sempre.

La parte meridionale del canale

Il giorno dopo siamo ripartiti. Un altro giorno tra dune e colossi d'acciaio. Un giorno per misurare il simbolismo del passaggio. Alle nostre spalle il Mediterraneo, davanti il Mar Rosso e l'Oceano Indiano. Un confine che attraversiamo trasportati dal vento.

Non appena il pilota ha lasciato la barca a Suez, alle porte del Mar Rosso, abbiamo issato la randa e spiegato il genoa. Annka sfrecciava, trasportata da un potente vento al traverso, raggiungendo velocità che non avevamo mai sognato. Scende la notte, che bagna il mare di una luce dorata proiettata da un'enorme luna. Seguirono tre giorni e tre notti di navigazione sotto un cielo straordinariamente puro. Il sole cocente, il mare aperto e quella sensazione esaltante di velocità e libertà.

Animali a volontà

Incontriamo focene che cacciano banchi di tonni e balene pilota che planano verso nord. Di notte, gli uccelli esausti si rifugiano sul ponte. E i delfini sono spesso nostri fedeli compagni di viaggio.

Il tempo perde la sua presa. I giorni e le notti si stavano sciogliendo. Finalmente, il 3 novembre, dopo 10 giorni di navigazione, abbiamo raggiunto Gibuti. Un po' stanchi, ma affascinati.

Ricordi che durano tutta la vita

Di quelle 10 notti in mare, una è rimasta impressa nella mia memoria. Una notte di tensione. Ci imbattemmo in una piattaforma petrolifera abbandonata, spenta, che emergeva dall'oscurità. Un fantasma d'acciaio, una massa minacciosa che le onde sfiorano. Troppo vicino. Riesco a scorgere vagamente una boa, un bagliore incerto. L'angoscia fugace di una collisione, poi la distanza necessaria e il respiro che ritorna.

Il viaggio continua. Prossimamente, Gibuti, il Golfo di Aden, l'Oceano Indiano, le Seychelles...

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